Esperienza e Memoria.
Quando sentimmo nella pelle che
la realtà è questione di punti di vista
Australia, 1994
L’occasione del viaggio è la conferenza annuale Littoral / New Zone for Critical Art Practice che quell’anno si svolgeva a Sydney. Agli inizi degli anni ‘90, gli incontri internazionali Littoral erano importanti momenti di dialogo e scambio d’esperienze sull’emergente communty based-public art practice. Littoral è stata per me una fondamentale rete di riferimento per ripensare il ruolo e l’agire dell’artista nella società contemporanea.
A Venezia, mappe dispiegate sul tavolo, dapprima l’Australia mi appariva poco più di una grande isola e solo quando ho cominciato ad organizzare il viaggio mi sono resa conto che quell’idea che avevo in mente non corrispondeva alla realtà misurabile. Enorme, più grande dell’Europa. Un giorno intero di volo per vedere la costa ovest di Perth e ancora 4.000 km per atterrare a Sydney. Presto mi sarei accorta che l’ordine di misura di quelle distanze costituiva un primo spaesamento.
La realtà che abbiamo in mente è costruita sulle esperienze che abbiamo vissuto e quando essa si manifesta in maniera differente dal conosciuto, il cervello va in tilt.
Si vive uno spaesamento.
Come quando percorrevo in pullman la strada verso il Lamington National Park, a sud di Brisbane, e i miei occhi incontrarono una fitta foresta di alberi secolari, che salivano dritti per decine e decine di metri. Non avevo ancora mai visto alberi così alti e l’immagine rielaborata dal cervello fu quella di “alberi che emergevano dall’acqua”, altezze che raddoppiavano nel loro specchiarsi. Ma c’era altro di straordinario: quel piano d’acqua era inclinato, seguiva infatti l’andamento della strada in salita. Com’era possibile che gli alberi vivessero per metà immersi nell’acqua? E ancor di più, com’era possibile che il livello del “lago” fosse inclinato? Occhi sgranati e il cervello in tilt, spaesato rispetto all’abitudine.
Sono serviti alcuni minuti affinché elaborasse le nuove informazioni e mi riconsegnasse la visione del paesaggio.
Nel 1994 non c’erano i navigatori satellitari. Si viaggiava con le care vecchie mappe cartacee (quelle che si consumano e si bucano tra le pieghe), con senso dell’orientamento e un po’ di fortuna.
La Highway M31 collega Sydney a Melbourne passando all’interno. Praterie infinite, segnali di attenzione ai canguri, boschi di eucalipto e hoop pine sempre più fitti… la strada saliva lentamente senza che me ne rendessi conto e verso sera da lì su vedevo il mare. Decido allora di lasciare l’highway per raggiungere la costa, cercare un posto dove dormire e magari mangiare un po’ di pesce. Sulla mappa il mare era lì, a meno di un centimetro, ma eccomi invece scendere per ore e ore una strada a tornanti sospesa nel blu, tra il cielo e il mare, che ho raggiunto solo a tarda notte, trovando ovviamente tutto chiuso. Ancora una volta l’immensità insolita di quegli spazi ha spaesato il mio abitudinario cervello.
A Brisbane alcuni amici artisti mi ospitano nella loro comunità aborigena. Appena arrivo gli anziani mi offrono dei doni, tra cui un bellissimo didgeridoo. Spaesamento, impaccio. Nella nostra cultura chi è ospitato porta i doni, non l’opposto! E adesso che si fa? Ho poco con me e comunque non accettano nulla, dicono che avermi lì con loro è il dono.
Seduta nella sala comune mangiamo assieme nel mezzo di un continuo andi e rivieni informale di adulti e bambini. Conversiamo e io cerco di capire il sistema di relazioni di quella che mi appare una grande famiglia, dove i bambini chiamano “papà” più di una persona, così come accade con “nonno”, “nonna” …
Dai loro racconti e dai loro comportamenti emerge una differente e più ampia idea di famiglia. Al centro i bambini. Attorno coloro che aiutano a crescerli, educarli non solo culturalmente, ma anche spiritualmente. Una comunità educante che include nonni, zie, zii, cugini, nipoti… Questa è la famiglia, mi dicono, qui si condividono le responsabilità e gli obblighi reciproci. Qui il ruolo dei genitori non è dato solo a quelli biologici, ma si considera la crescita del bambino: le sue diverse esigenze di apprendere ed evolvere e quindi di “cambiare guida” durante il suo viaggio verso la vita adulta.
Un radicale cambio di punto di vista.