Come far vivere l’arte relazionale al pubblico de La Biennale di Venezia?

Rifletto, mentre corro in autostrada, sempre dritta verso la meta, senza incroci, ma zizzagando per superare i viaggiatori più lenti e lasciar spazio a quelli più veloci.
Il paesaggio intanto scorre a lato con incredibile mutevolezza, nei cinquecento chilometri tra Roma e Venezia.

Sono stata invitata a presentare il mio lavoro nello Spazio Oreste, a La Biennale di Venezia.
Una giornata a disposizione.
Cosa posso fare per mostrare un lavoro d’arte relazionale? No, non ha senso mostrare l’arte relazionale.
Allora diciamo… come può starci in Biennale l’arte in forma relazionale?
Quanto tempo ho a disposizione?

Una giornata. Mhmm… potrebbe essere poco per creare relazioni, per far vivere un’esperienza che diventa memoria.

Meglio pensare ad un’entrée, un antipasto, un assaggio di come la relazione è per me strumento per creare, allargare lo spazio d’azione dell’arte, scavalcare specificità, insomma è la forma principale del mio creare.

Viaggia la mente. Scorre una rapida carrella di flash sulle forme relazionali co-create in passato e nel presente.

Le persone con le quali lavoro, gli amici, i sostenitori, i committenti… loro potrebbero portare il senso del mio lavoro in Biennale, possono portare testimonianze. No, non solo, possono essere portatori di relazioni!

Cala la sera. Ora il paesaggio è ridotto all’autostrada e poco altro. Le traiettorie delle luci che sfrecciano sono abbaglianti nel loro evidente parallellismo.

Come cominciano le relazioni?
Affinità, cose in comune, fascino? Oppure curiosità, apertura al dialogo, allo scambio…
Prima, prima ancora.
Un incontro, un saluto, una stretta di mano!

Mi ritrovo istintivamente a porgere la mia

Piacere. Il piacere è mio.
Allora andiamo in Biennale?

Con Molto Piacere.