Resilienze.
Dal Mare alle Ande
Argentina, 2007
In Argentina ci sono stata più volte per lavoro. È un popolo tosto, resiliente, sicuramente capace di sopravvivere e anche di mettersi in discussione.
A Carilò, davanti all’oceano, dopo aver realizzato un workshop sull’energia femminile, ho chiesto a quelle donne dove andare a sperimentare l’essenza della loro resilienza e mi hanno suggerito di visitare le province di Salta e JuJuy, nella cordigliera della Ande.
All’arrivo in aeroporto inaspettatamente vedo una persona che alzava un cartello con il mio nome, si avvicina e mi dice che è venuto per portarmi in albergo. In camera mi accoglie un mazzo di fiori con scritto “Benvenida a Salta”, firmato dal Ministro del Turismo. Ricevo una telefonata da una guida che il giorno dopo mi sarebbe venuta a prendere per accompagnarmi ad esplorare le Ande Argentine. Pensavo di essere qui in anonimato, invece qualcuno, e non ho mai scoperto chi, mi aveva organizzato il viaggio.
Si parte! Al distributore di benzina ci fermiamo per fare il pieno, la guida paga e ritorna con un sacchetto pieno di foglie di coca. Lo apre, me ne offre una manciata e dice: “Inizia a masticare, deglutisci il succo ma non inghiottirle. Iniziamo a salire!”. Le foglie hanno un gusto amaro, acerbo ma se servono a contrastare gli effetti collaterali dell’altitudine, si fa anche questo.
Ci inoltriamo a nord di Salta, il paesaggio è terso, i colori delle montagne si presentano come arcobaleni stagliati sul turchese del cielo e offrono tutte le sfumature dal giallo al rosso. Viaggiamo in un pickup rosso che si arrampica con facilità negli sterrati.
A 4.895 metri di altitudine ci fermiamo per sgranchirci le gambe. Con fatica scendo dall’auto, la sensazione è quella di essermi trasformata in un pesantissimo bradipo. A questa altitudine tutto rallenta, qualsiasi movimento deve essere valutato in base all’ossigeno disponibile. Così, fare un passo, bere un bicchiere di Mate diventa una scelta consapevole.
Nel mio immaginario, quando penso all’alta montagna vedo vette appuntite, qui invece le montagne sono morbide, arrotondate, con una sensualità femminile. Guardando la gente che vive a queste altitudini mi rendo conto del significato delle parole resilienza ed essenziale. Vivono la quotidianità come nei piccoli paesi in pianura; i bambini giocano a calcio, le donne ai mercati vendono i loro prodotti e gli uomini con gli aratri coltivano i tuberi; ma la pelle dei loro volti è arsa dal sole, non si capisce quanti anni abbiano, il ritmo della vita è molto lento e segue la ciclicità del sole, delle stagioni.
C’è poca confusione da queste parti del mondo. È una vita dura, essenziale, senza sprechi, senza compromessi e i loro occhi neri e lucenti mostrano anime antiche, immerse in una profonda serenità.